Mai più così vicina by Claudia Serrano

Mai più così vicina by Claudia Serrano

autore:Claudia Serrano [Serrano, Claudia]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giunti
pubblicato: 2015-09-01T22:00:00+00:00


17

Sesto giorno. Anna ha portato la nipotina a casa, l’ha messa davanti alla TV a vedere un cartone animato. Le offro un succo di frutta, lei guarda la nonna e mi risponde: «Non mangio cose preparate fuori casa». Io e Anna ridiamo; Anna dice che non sa chi le ha insegnato cose simili. La convince ad accettare il succo di frutta e poco dopo persino una merendina.

«Guarda, Antonia sta facendo un dolce.»

La bambina scivola dalla sedia e viene a spiare il mio impasto. Abbasso la coppa per portarla all’altezza dei suoi occhi. Quando alza lo sguardo mi sento in imbarazzo. «Diventerà più bello quando lo metteremo in forno» mi giustifico.

«C’è la cioccolata?»

«No, in questo no.»

La bambina torna davanti alla TV senza commentare.

Vorrei spiegarle che non è facile. Mettere insieme gli ingredienti, dominare i ricordi, cercare di… È che la vita non smette un secondo di avanzare: adesso tu guardi un cartone animato, un po’ ridi, un po’ ti annoi, comunque tra poco finirà; ti metterai lo zainetto di Winnie the Pooh sulle spalle e te ne andrai a mangiare le cose preparate a casa tua, delle quali ti senti certa. E invece io rimarrò ferma a un week-end romano, alla dolcezza del ricordo, nonostante tutto. All’amarezza del ricordo, malgrado la dolcezza.

Intanto il tempo passa, capisci? Un giorno senza sentire Vittorio, due giorni, una settimana, mesi. In un attimo saranno anni. E il groppo in gola che proprio non va via.

E chi lo sa se lui gira ancora come una trottola che non vuole essere fermata. Se ha trovato qualcuno che si limiti a guardarlo incantato, felice di essergli complice. Se a fine giornata, in un momento di debolezza, i suoi occhi chiedono ancora delle mani dove capitolare. E chissà se qualcuno ha già aperto i palmi per offrirgliele. Ma tanto, anche quando gli si offrono, lui non capitola mai.

Comunque sia, sesto giorno. Mescolare l’impasto.

Finalmente.

Mi accarezzava il ginocchio. Nel tram, mentre era seduto e io stavo in piedi davanti a lui e i passeggeri ci guardavano e noi li guardavamo e senza parlarci sapevamo già cosa l’altro avrebbe commentato su ognuno di loro; nel taxi, quando la città eterna ci diceva addio coi suoi monumenti illuminati a notte e la tristezza della partenza era un sospiro. Mi accarezzava un ginocchio e quel gesto composto, delicato, mi restituiva all’amore.

Così Vittorio mi avviava alla sua grammatica dei sentimenti e io mi affannavo a imparare: stava a me, alla mia natura di donna, farmi carico della comprensione. Era compito mio decifrare il suo linguaggio, preparargli una strada perché potesse trovare espressione, un territorio sul quale sbrogliarsi; era compito mio, un compito quasi religioso, compensare le parole mancanti non con altre parole (che io sognavo di ascoltare ma che no, non gli sarebbero appartenute), ma con una comprensione più grande.

Tornammo a casa, l’ultima sera del nostro week-end romano, e quando uscii dalla doccia sentii che Vittorio aveva acceso la musica – era una musica triste ma non la distinguevo. Mi avvolsi nell’asciugamano e aprii la porta del bagno.



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